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22/11/2007
NOI NON CREDENTI E LA RELIGIONE
NOI NON CREDENTI E LA RELIGIONE
Paul Auster & Nathan Englander a confronto sul loro rapporto con Dio, sulla letteratura, sulla storia e sull amorale laica

La conversazione tra Paul Auster e Nathan Englander, che qui in parte riproduciamo,è avvenuta in occasione della presentazione alla Cooper Union di NewYork del libro Do You Believe?Conversations on God and Religion di Antonio Monda (l’incontro era curatodallo stesso Monda). Il libro, uscito ora negli Stati Uniti presso Vintage, è stato pubblicato in Italia da Fazi. Si tratta di una raccolta di interviste con artisti e intellettuali americani sul loro rapporto con la fede.

 

Vi propongo una domanda da cui deriva tutto il resto: Dio come parla al vostro cuore? Che cosa vi dice? Lo capite?

Englander: Mi sono sentito un po’ sul chi vive quando lei mi ha invitato a parlare di questo argomento. Penso che chiedermi se credo in Dio sia qualcosa che voglio tenere per me. Però è vero. In realtà tutti gli interrogativi derivano da questo. Penso che dal punto di vista sociale questa domanda è forzata.

Auster: È una domanda importante per chi pensa che sia importante, ma ci sono molte persone per le quali non lo è. Io provo sensazioni alquanto miste in proposito. Anche per me è un argomento molto intimo e privato. Mi confonde un po’ l’idea di credere in Dio. Soprattutto se al tempo stesso si parla del fatto di sentirsi seguaci di una religione, di avere una fede religiosa. Per quanto ne so, si tratta di due cose completamente distinte. E poi, che cosa è Dio? Come possiamo definire Dio? Penso che una cosa sia certa: non l’abbiamo creato noi il mondo. Ed eccoci dunque davanti a una grande mistero: da dove è nata ogni cosa? Forse è questa la domanda principale che dovremmo porci. Ebbene, alcune persone rispondono con una sola parola: Dio. Per quanto mi riguarda non sono mai stato capace di credere in questa idea. Non riesco a immaginare che la forza – chiamatela come volete – che ha creato noi e l’universo sia umana. In tutti i testi giudeo-cristiani e persino islamici,Dio creò l’Uomo a sua immagine. Ecco, io non capisco che cosa significhi. Dio è inconoscibile, è qualcosa che va talmente al di là di ciò che è umano che è impossibile per me immaginare di poter dialogare con una forza simile.

Ma d’altra parte non pensate che ciò equivalga a dire quanto siamo meravigliosi? Siamo simili a Dio. È un modo per dire che siamo creature meravigliose.

Auster: Siamo creature meravigliose e penso sia un grande mistero essere parte dell’universo. Ma sono stati gli uomini ad avere questa idea. In termini teologici, per esempio, le persone che mi hanno sempre commosso sono coloro che dubitano. Mi riferisco a Pascal o a Kierkegaard, che non accettarono facilmente Dio, perché ebbero dubbi, capirono che la fede è proprio un atto di cecità: ti ci butti, non sai niente ma accetti le cose come stanno. I loro tormenti, le loro lotte con le loro stesse anime sono raccontati nei loro libri. Sono talmente umani e profondi. Nonrispetto invece chiunque pensi di avere ragione chiunque pensi di poter rispondere facilmente a queste domande perché nel momento in cui qualcuno dice di appartenere a una religione sente di essere padrone della verità. Ed è proprio questo ad aver creato enormi devastazioni nella storia dell’umanità: la gente si è ammazzata per delle idee, la gente uccideva chi non credeva in ciò in cui credevano gli altri.

La religione è un vincolo (lo dice la parola latina) e o le si è legati o non lo si è.

Englander: Io sono stato allevato nel rispetto della religione. Io credo che se si è stati allevati nella religione, è in quella direzione che le vostre sinapsi si accendono. Per cui sono pienamente d’accordo, non si tratta di prendere o lasciare. Ogni cosa è rigorosamente prescritta: «Quale calzino indossare per primo, quale scarpa calzare per prima, come si deve parlare, come si deve mangiare, come si deve dormire». Se si sceglie qualcosa non vuol dire che questo giustifichi tutto. Invece la religione organizzata giustifica qualsiasi cosa. I più grandi crimini della terra sono stati commessi nel nome della religione.

Auster: Vorrei tornare un momento su una cosa che ha detto Nathan. E su una parola chiave:moralità. È possibile avere un codice morale senza credere in Dio. Mi ricordo il grande interrogativodi Dostoevskij ne I fratelli Karamazov: «SeDio non esiste allora tutto è permesso». Questa è la grande paura: una paura legittima, comprensibile, ma non per quanto mi riguarda, perché io credo nel fatto che il genere umano possa crearsi una propria moralità senza alcuna legge trascendente: noi la inventiamo e noi ci adeguiamo ad essa. È l’approccio kantiano al mondo, l’imperativo categorico. Io credo che sia possibile. Le religioni

organizzate? Credo ce ne siano per tutti i gusti, tutti i colori, tutte le forme, no? E ciascuna di esse soddisfa un bisogno differente. Io sono stato allevato da ebreo. Sono ebreo, il che non è la stessa cosa che essere un ebreo praticante. La differenza tra cristianesimo ed ebraismo direi che è questa. Il più importante insegnamento del cristianesimo è: «Fai agli altri ciò che vuoi sia fatto a te», il che è come chiedere agli individui di diventare santi. E pressoché impossibile obbedirvi. Invece nell’ebraismo l’idea è negativa: «Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te», ed è molto, molto più facile da fare. Da una parte, dal lato dei cristiani, ogni cosa è centrata sull’individuo, mentre dal lato degli ebrei ogni cosa è incentrata sulla nostra comunità, sulla società, su come le persone vivono tra di loro e come cercano di lavorare sentendosi un gruppo. Poi, se osserviamo il buddismo, ci accorgiamo che un Dio non c’è, ma il buddismo è sicuramente considerata una religione, quindi più ne parlo, più ci rifletto sopra, più mi sento confuso.

Englander: Mi chiedo sempre se la religione non possegga un modo per auto-correggersi, in modo da cavarsela sempre. Il mio esempio preferito,quello sul quale mi arrovello maggiormente e per il quale litigo con tanta gente, è la storia di Yigal Amir, l’assassino di Rabin. Hanno detto che ha agito al di fuori della religione. A lui invece un rabbino – so come è stato allevato, e io stesso avrei potuto essere al suo posto – gli ha detto che assassinare Rabin sarebbe stato un atto religioso, che doveva farlo per Dio. Ecco, questo rientrava nella sua educazione, era programmato per farlo.

Siete d’accordo sul fatto che non possiamo usare soltanto la logica per occuparci di questo mistero?

Auster: Be’, i teologi di sicuro ci hanno provato per centinaia di anni. Se si leggono i testi dei grandi pensatori della Chiesa Cattolica ci accorgiamo che hanno scritto di scienza, di scienza religiosa. Ma c’è sempre un momento in cui immagino che si arrivi al punto cruciale in cui ci si chiede: mi butto o non mi butto? Per alcune persone è qualcosa di talmente desiderabile, che dà conforto, fornisce loro un terreno sul quale camminare. Altri sono così persi, così confusi, così incapaci di stare al mondo senza una cosa simile. Come ha detto il grande poeta italiano Giuseppe Ungaretti:vogliamo certezze. E quello che ha scritto in una delle sue grandi poesie. Per molti altri di noi, invece, non so se è proprio necessario. Io cerco la verità e non temo la verità. Non sento di aver bisogno che una dottrina mi dica come pensare, come comportarmi.

C’è qualcosa che ancora vi piace della religione?

Englander: Moltissime cose. Quell’idea di tempo sacro, di spazio sacro. Del resto anche lo scrivere funziona così.

Auster: Ho conosciuto molti credenti nella mia vita e fintanto che quella persona si comporta in un certo modo io la rispetto, se non mi condanna per il fatto di non credere in ciò che lui crede, allora io non ho problema alcuno nei suoi confronti. So che la religione può arrecare grande conforto alle persone e può diventare la cosa più importante della propria vita, ma se lo fanno in modo tale da non danneggiare nessun altro, chi sono io per giudicarle? Chi sono io per non rispettare ciò che sentono e ciò in cui credono?

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