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21/06/2008
MCEWAN: DISPREZZO L'ISLAMISMO MA NON SONO RAZZISTA
MCEWAN: DISPREZZO L'ISLAMISMO MA NON SONO RAZZISTA
Parla lo scrittore inglese che torna con "Blues della fine del mondo": detesto quelle società musulmane che discriminano donne e gay

Lo scrittore Ian McEwan confessa in un'intervista al CORRIERE DELLA SERA il suo disprezzo per l'islamismo. La sua casa di Fitzroy Square, vicino al Regent's Park, è quella che il vocabolario inglese identifica come mansion, una residenza nobiliare. È in questa palazzina di cinque piani in stile georgiano che Ian McEwan ha fatto vivere il suo neurochirurgo tormentato di Sabato. Ma ultimamente il vero proprietario, l'autore che ha venduto milioni di copie con Amsterdam, Il Giardino di Cemento, Espiazione, Chesil Beach si è visto poco a Londra. L'aristocratico della letteratura è stato in giro per il mondo, India, Hong Kong, le montagne dell'Oregon, Nuova Zelanda e Australia. Trascorre parecchio tempo anche ai Chilterns, le colline a nord-ovest di Londra.

Sta scrivendo il nuovo romanzo, su un professore che cerca di trovare un rimedio al cambiamento climatico, la malattia del pianeta. McEwan è solo all'inizio, durante il suo lungo viaggio ha lasciato il computer e ha scritto a mano. Ha anche letto qualche brano al pubblico di due festival letterari e l'anteprima ha fatto discutere. Ci sono passaggi leggeri, come quando lo scienziato, Michael Beard, uomo di forti appetiti per tutti gli aspetti della vita, va in estasi per un pacchetto di patatine: "Il trucco era metterla al centro della lingua e, dopo una sensazione di espansione che durava un momento, spingerla con forza all'insù, mandandola a infrangersi contro il palato". E poi momenti surreali, quando il cattedratico litiga in silenzio con un vicino che cerca di mangiare le sue patatine. Un salto nel genere comico, un taglio con il passato, quando per alcune descrizioni dettagliate di cadaveri smembrati un critico lo aveva ribattezzato ‘Ian MacAbre’. Gli pesava quella definizione di autore macabro? "Qualcuno fece la battuta nel 1981, da allora ogni anno 20 mila persone la scoprono in qualche modo... ma non mi lamento, non ho l'abitudine di protestare, in realtà".

E a proposito, il suo nuovo eroe salverà il mondo?

"Non so, ho appena cominciato e forse ne ho parlato già troppo... Il fatto è che mi è sempre piaciuto leggere in pubblico dal mio work in progress, ma ora ai festival arrivano persone con i registratori, i taccuini e Internet ha cambiato tutto, ha tolto l'innocenza. Non mi piace quando la gente prende quello che dici, quello che scrivi e lo mette in rete prima ancora che il libro sia pubblicato, è un'invasione".

(...)Un uomo tranquillo di 59 anni, che rimpiange l'innocenza perduta. Un uomo distaccato dalle polemiche della cronaca perché pensa che i giornalisti vadano a cercare gli scrittori per sentirsi dire cose sconvenienti visto che i politici rispondono sempre banalità. Però, quando Martin Amis è stato al centro di uno scontro sul terrorismo islamico, McEwan ha dimenticato il suo distacco ed è intervenuto. "Quello era un caso diverso: un caro amico che viene chiamato razzista. Appena uno scrittore si esprime contro l'islamismo, subito qualcuno a sinistra balza in piedi e sostiene che siccome la maggioranza dei musulmani è di pelle scura, chi li critica è razzista. E questo è logicamente assurdo e moralmente inaccettabile. Martin non è un razzista. E io stesso disprezzo l'islamismo, perché vuole creare una società che detesto, basata su credenze religiose, su un testo, mancanza di libertà per le donne, intolleranza verso l'omosessualità e così via, lo sappiamo bene".

 
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