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06/07/2008
LA CASA DEGLI INCONTRI
LA CASA DEGLI INCONTRI
Un romanzo storico sui Gulag e sul comunismo in russia, che va dall'epoca staliniana ai giorni nostri
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La casa degli incontri è una baracca dilegno appena dignitosa nel campo dilavoro siberiano di Norlag, dove per sole ventiquattro ore viene ospitata la moglie di uno dei prigionieri del Gu

lag per un incontro d'amore. Sí può immaginare la tragedia di questo incontro: una richiesta che attende anni, il lungo viaggio, l'uomo ridotto allo stato animale, lo strazio dell'amplesso stretto nel tempo, l'addio. Partendo da questo doloroso punto di vista, Martin Amis ha scritto un romanzo storico sui Gulag e sul comunismo in Russia che va dall'epoca staliniana ai giorni nostri. Il protagonista-narratore è un ex combattente della Seconda guerra mondiale, poi vitti­ma di Stalin, detenuto come suo fratello Lev a Norlag, di­viso dal fratello per l'amore di entrambi nei confronti di una bellissima ebrea di nome Zoya. Quando inizia il ro­manzo è ormai vecchio. Ha fatto fortuna ín America. Ma vuole tornare a rivedere il Gulag con i suoi occhi. Da qui, la memoria e il racconto. Un racconto che definire raccapricciante è poco: le umiliazioni, la violenza bestiale, la disperazione, la fame, il gelo, la morte che si vivono nel campo di prigionia sorpassano ogni immaginazione. Dunque, un progetto narrativo

da far tremare il sangue nelle vene, Perché questo è il punto. Amis è nato a Oxford nel 1949. Per scrivere il romanzo ha consultato moltissimi libri dí storia e di testimonianza di cui riferisce alla fine del volu­me. Insomma, ha voluto misurar­si con una materia davvero incandescente, correndo i relativi ri­schi. Che sono quelli dell'inven­zione. Tuttavia, credo che questi rischi siano stati evitati quasi completamente: il romanzo è cre­dibile, si sente che quello che rac­conta è vero. E, al di là di alcune contorsioni intellettuali, la storia si legge con partecipazione e sgo­mento. Poi, il personaggio della donna, Zoya, è folgorante. Appa­re, scompare, riappare, e sempre, malinconicamente, incarna l’impossibilità dell’amore.

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