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08/11/2007
IAN MCEWAN: "CESIL BEACH", CRONACA DI UN DISASTRO AMOROSO
IAN MCEWAN: "CESIL BEACH", CRONACA DI UN DISASTRO AMOROSO

 

Il tredicesimo romanzo dello scrittore inglese è ambientato nel 1962 prima della rivoluzione sessuale che interesserà un'intera generazione

 

È vero che Flaubert è riuscito a entrare nei panni di Madame Bovary tanto da poter dire "Madame Bovary c'est moi". È vero che gli scrittori, da Omero in poi, hanno parlato di esperienze altrui, in quella strana forma di metempsicosi che permette la scrittura, e che il loro mestiere è proprio ricreare con le parole i mondi virtuali in cui non sono vissuti. Ma resta curioso il fatto che un autore, Ian McEwan, si tuffi con tanto agio e un effetto di rievocazione e di ricostruzione così sconvolgente nell'esperienza intimissima di una cultura sentimentale e sessuale che non ha vissuto. O almeno così ci auguriamo per lui. Perché Ian McEwan è nato nel 1948, e ha avuto quindi la fortuna di avere vent'anni proprio in quel fatidico '68 che ha cambiato se non tutto molte cose. E che certo ha cambiato molto delle cose che Ian McEwan racconta nel suo tredicesimo romanzo, “Chesil Beach”.

Chesil Beach, come si vede dall'illustrazione di copertina, è un luogo affascinante - e quindi adatto alle romantiche prima notti, devono aver pensato Florence Mayhew e Edward Ponting, i due ragazzi che si amano, che hanno appena festeggiato il loro matrimonio a Oxford (ben riuscito, ne sono soddisfatti, annota il narratore) e che si sono prenotati una suite nel miglior hotel del luogo. È un posto magico, segnato da una lunga striscia di ciottoli - 18 miglia di spiaggia, annuncia ora il sito web di Chesil Beach, e 180 miliardi di sassi, che si stendono sulla costa del Dorset, al centro della Jurassic Coast, tra il mare e una laguna, e che sono ora al centro di una riserva faunistica (ecco il perché di alcune notazioni di McEwan su uccellacci e uccellini) e di una interessante industria turistica.

Ma nel libro siamo nel 1962. Florence e Edward sono due gran bravi ragazzi. Lei è una promettente giovane violinista, di buona e doviziosa famiglia, cresciuta in una casa che, dalle descrizioni, potremmo definire con una locuzione molto in voga oggi nelle riviste di arredamento, shabby chic, elegantemente cadente. Lui è un giovane e promettente storico, che proviene invece da una famiglia modesta disastrata e turbolenta e da una casa di tipico orrendo disordine e sciatteria britannici. Hanno ventidue anni. Si amano. E sono vergini.

Ebbene sì. Difficile crederci, cari lettori più giovani. Ma capitava nel non lontano 1962. Capitava, come ricorda il risvolto di copertina citando Philip Larkin, prima dell'annus mirabilis della rivoluzione sessuale (ma ciascuno, per fortuna, ha il suo anno personale in materia), quello tuttavia che il poeta indica nel 1963, "tra la fine del bando a Lady Chatterley e il primo ellepì dei Beatles".

E questo ci riporta a McEwan, e alla sua capacità di empatia. Alla sua capacità di calarsi nei microprocessi della microstoria personale. Al suo uso del tempo nella narrazione letteraria - una sorta di ralenti cinematografico portato fino all'astrazione: la minuziosa, ipnotica registrazione degli eventi che abbiamo visto in funzione in Bambini nel tempo, a pieno ritmo, e in versione quasi horror, in Lettera a Berlino, e, più recentemente, in Sabato, il suo ultimo romanzo, che si svolge tutto in un giorno.

Nel nuovo libro, McEwan prende una notte, un matrimonio da consumare (che orribile locuzione, eppure si dice così), un amore finora limitato a un petting gentile (il seno sì, ma non il capezzolo), una grande apparente affinità spirituale (i due sono intelligenti, hanno una passione lavorativa, si apprezzano reciprocamente), una ragazza inconsapevolmente ma chiaramente frigida, o quanto meno spaventata a morte dal sesso, dai gesti da fare, dall'intimità da creare, e un ragazzo inesperto e devoto, tanto devoto da aver rinunciato per quell'ultima settimana prima della nozze all'unica forma di sesso che conosce, la masturbazione, per arrivare in piena forma all'incontro con la sua amata.

E su questi ingredienti, al ralenti, lo scrittore fa la cronaca di un disastro. Un disastro personale che è però stato (se si crede al potere degli impulsi sessuali e ai disastri delle repressioni) anche il disastro di molte generazioni, il terreno di cultura di frustrazioni e ribellioni, di dolori e di eccessi, di sussurri e grida, di manifestazioni e di manifesti. Una storia esemplare di quotidiano orrore - con le migliori intenzioni. Ed è affascinante come la vicinanza del punto di vista del narratore al cuore del dramma, come se lo osservasse attraverso un microscopio, tolga ogni tocco di voyeurismo all'osservazione di questo fallito giovane amore, ogni elemento pruriginoso al risvolto sessuale della vicenda. Frammentando gli elementi della narrazione, McEwan la ricompone in un disegno diverso, nel doloroso ritratto di un'epoca nel suo momento più intimo.

Io, in quegli anni, c'ero, e, salvo le dovute e fortunate eccezioni, posso testimoniare che era proprio così, e anche peggio: la paura, l'ansia, la non conoscenza, la non confidenza con il corpo proprio e altrui, il silenzio sociale e il pudore personale che non aiutavano certo a liberarsi. Ian McEwan non c'era, o aveva tredici anni, ed è proprio della virtù degli scrittori saper ricostruire attraverso i minuti indizi la realtà in un quadro più grande. Dalla microanalisi del presente di una disastrosa notte di nozze McEwan, in un crescendo di suspense - la paradossale suspense di un disastro amoroso annunciato, che non si sa come possa prodursi, ma che si produce, e nel peggiore dei modi, nell'equivoco di qualcosa che oggi verrebbe ironizzato e perdonato -, discende nel passato e nell'analisi dello sfondo sociale che ha unito e che divide i due ragazzi, per passare poi al futuro, a quello che, nel "tourbillon de la vie", porterà Florence e Edward verso altre strade, altri destini, altre vite, altre alchimie sentimentali - seguiti dallo sguardo di McEwan pieno di nostalgia per il futuro di Florence e Edward: come è stato e come sarebbe potuto essere.


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